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LA CROCE, SIMBOLO DI MORTE È DIVENTATA PRINCIPIO DI SALVEZZA

Oggi il Signore Gesù è sulla croce e noi facciamo festa: impariamo così che la croce è festa e solennità dello spirito. Un tempo la croce era nome di condanna, ora è diventata oggetto di venerazione: un tempo era simbolo di morte, oggi è principio di salvezza.

La croce è diventata per noi la causa di innumerevoli benefici: eravamo divenuti nemici e ci ha riconciliati con Dio; eravamo separati e lontani da lui, e ci ha riavvicinati con il dono della sua amicizia. Essa è per noi la distruzione dell’odio, la sicurezza della pace, il tesoro che supera ogni bene.

Grazie alla croce non andiamo più errando nel deserto, perché conosciamo il vero cammino; non restiamo più fuori della casa del re, perché ne abbiamo trovato la porta; non temiamo più le frecce infuocate del demonio, perché abbiamo scoperto una sorgente d’acqua. Per mezzo suo non siamo più nella solitudine, perché abbiamo ritrovato lo sposo; non abbiamo più paura del lupo, perché abbiamo ormai il buon pastore. Egli stesso infatti ci dice: «Io sono il buon pastore» (Gv 10,11). Grazie alla croce non ci spaventa più l’iniquità dei potenti, perché sediamo a fianco del re. Ecco perché facciamo festa celebrando la memoria della croce.

Anche san Paolo invita a essere nella gioia a motivo di essa: «Celebriamo questa festa non con il vecchio lievito... ma con azzimi di sincerità e di verità» (1Cor 5,8). E, spiegandone la ragione, continua: «Cristo, infatti, nostra Pasqua, è stato immolato per noi» (1Cor 5,7).

Capite perché Paolo ci esorta a celebrare la croce? Perché su di essa è stato immolato Cristo. Dove c’è il sacrificio, là si trova la remissione dei peccati, la riconciliazione con il Signore, la festa e la gioia. «Cristo, nostra Pasqua, è stato immolato per noi».

Immolato, ma dove? Su un patibolo elevato da terra. L’altare di questo sacrificio è nuovo, perché nuovo e straordinario è il sacrificio stesso. Uno solo è infatti vittima e sacerdote: vittima secondo la carne, sacerdote secondo lo spirito...

Questo sacrificio è stato offerto fuori dalle mura della città per indicare che si tratta di un sacrificio universale, perché l’offerta è stata fatta per tutta la terra. Si tratta di un sacrificio di espiazione generale, e non particolare come quello dei giudei. Infatti ai giudei Dio aveva ordinato di celebrare il culto non in tutta la terra, ma di offrire sacrifici e preghiere in un solo luogo: la terra era infatti contaminata per il fumo, l’odore e tutte le altre impurità dei sacrifici pagani.

Ma per noi, dopo che Cristo è venuto a purificare tutto l’universo, ogni luogo è diventato un luogo di preghiera. Per questo Paolo ci esorta audacemente a pregare dappertutto senza timore: «Voglio che gli uomini preghino in ogni luogo, levando al cielo mani pure» (1Tm 2,8), perché tutta la terra è diventata santa, più santa ancora dell’interno del tempio. Là si offrivano animali privi di ragione, qui si sacrificano vittime spirituali.

E quanto più grande è il sacrificio, tanto più abbondante è la grazia che santifica. Per questo la croce è per noi una festa.

GIOVANNI CRISOSTOMO, Sulla croce e sul ladrone, Om. 1, PG 49, 399-401

Signore Gesù, ci ritroviamo davanti a te, accolto e osannato

come il figlio di Davide, come colui che viene nel nome del Signore.

Anche noi siamo chiamati a deporre superficialità ed incostanze,
per proclamare la nostra fede in te,
unico salvatore dell’uomo.

Donaci la grazia di contemplare, in questi giorni,
la grandezza del tuo mistero di amore
e la fragilità delle nostre scelte, la pochezza delle nostre vite.

Tu sei il crocifisso che raccoglie l’umanità dispersa. Davanti la tua croce
facci comprendere che tu che muori,
tu che muori sulla croce,
tu col tuo morire e proprio in esso,
ti mostri Figlio di Dio,
ti manifesti nella apparente impotenza
amore potente, amore di Dio.

Signore Gesù fa che ti riconosciamo il nostro Dio,
Dio vicino alle nostre pene,
alle nostre croci e fa che attendiamo con te,
il mattino di Pasqua. Amen

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