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Giovanni ci racconta che nell’ultima Pasqua di Gesù a Gerusalemme un gruppo di Greci manifesta il desiderio di vedere Gesù; non è una curiosità la loro, ma un vero desiderio di conoscere e di credere. Giovanni usa il verbo vedere nel senso dell’accoglienza interiore del fatto che viene osservato.

Contrariamente a coloro che hanno visto i segni operati da Gesù senza credere, che hanno ascoltato le parole di Gesù senza volerle comprendere, questi Greci vogliono entrare in relazione con Gesù, vogliono scoprire la via della salvezza.

E Gesù mostra ancora la via: quella della croce come svelamento della sua profonda identità, come comprensione del mistero di Dio e della sua vicinanza all’uomo.

Nei nostri modi di dire la croce è divenuta sinonimo di fatica, di sofferenza e di fallimento. Nella esperienza di Gesù invece è la manifestazione dell'amore di Dio, della sua comunione e della sua solidarietà nei nostri confronti. “Dio ha tanto amato il mondo da dare il suo Figlio Unigenito” (Gv3,16); “Non c’è amore più grande di chi dona la vita per i propri amici” (Gv15,13).

La risposta di Gesù indica il luogo dove, sia i Greci che gli altri, possono vedere il Signore: sulla croce. “Voi che un tempo eravate lontani, ora siete diventati vicini grazie al sangue di Cristo. Egli è la nostra pace, avendo distrutto l'inimicizia che era fra noi” (Ef 2, 13-14).

Gesù esprime la necessità di questa sua morte con l’immagine del chicco di grano caduto in terra: muore per portare molto frutto. Quella del morire è l’unica condizione che permette al seme la sua fecondità. Così Gesù per comunicare la sua vita ai fratelli, per non rimanere solo, deve dare la sua vita.

Anche in questa domenica Gesù parla della croce e della sua morte in termini di gloria: “Quando sarò innalzato”, “quando sarò glorificato”; la croce è gloria, purché s’intenda come la gloria dell’amore, non certo la gloria della potenza.

Sulla croce vediamo un amore forte, ostinato, che gli uomini cercano di scoraggiare ma che non si lascia scoraggiare. Tutto questo invita a scorgere Dio non là dove c’è la potenza, la forza, il fascino della bellezza, ma là dove c’è l’amore, là dove c’è il seme che muore. Il Cristo non ha usato la sua potenza di Figlio per sottrarsi al rifiuto degli uomini, alla croce; si è affidato alla libertà degli uomini, ha lasciato loro la possibilità di dire sì e di dire no. Ci si aspettava un Dio che, proprio perché tale, si imponesse a tutti; invece Dio ha preferito la via dell’amore che rispetta la libertà, che è il segno obbligato di ogni vero amore.

Gesù dando la vita si rivela principio di vita per tutti. I greci, che vogliono vedere Gesù, sono la primizia di questa fecondità. Nel Battesimo noi siamo stati generati nello Spirito e siamo coinvolti nello stesso destino di morte e di vita di Gesù: “Chi ama la sua vita, la perde...”, questa la logica di Gesù.

Non che Gesù cercasse la morte; Egli come tutti non voleva morire. Con preghiere e suppliche si rivolse al Padre perché allontanasse da lui quell’ora … della Croce; ma l’obbedienza al Vangelo e l’amore per gli uomini erano per Gesù più preziosi della sua stessa vita.

Non era venuto sulla terra per rimanere solo, bensì per portare molto frutto. L’unica via per portare frutto, ossia per raccogliere i dispersi, Gesù la indica nel perdere la propria vita.

Tutti amiamo conservare la vita, custodirla, preservarla, risparmiarla dalla fatica. Il Vangelo parla un altro linguaggio; per essere feconda la vita non deve essere messa al primo posto, salvaguardata, ma donata, condivisa. Gesù ha vissuto tutta la sua vita amando gli uomini più di se stesso; la morte in croce rappresenta l’ora in cui questo amore si manifesta nella sua pienezza.

La croce è l’ora della salvezza, il punto più alto di amore che l’uomo ha potuto e possa esprimere. Geremia lo profetizza quando parla di “un’alleanza nuova con la casa d’Israele e con la casa di Giacobbe” (Ger 31, 31), un'alleanza scritta nel cuore. Alleanza che Gesù stesso rievocherà durante l’ultima cena, quando parlerà di “calice della nuova alleanza”.

Come restare distanti e freddi di fronte a tale amore? Come dimenticare quest’uomo appeso sulla croce e passare oltre? Ecco perché Gesù può dire: “Quando sarò alzato da terra, attrarrò tutti a me! (Gv 12, 32).

È la grazia che chiediamo in questi ultimi giorni di Quaresima perché guardando quel volto crocefisso, possiamo scoprire che l’amore è più forte di ogni forza umana, è più forte di ogni potere violento, è più forte di ogni nostro egoismo.

Da quella croce, da quel cuore squarciato, sgorga la fonte della salvezza per il mondo intero. Uno sguardo di fede ci permetterà di scorgere nella croce l’amore crocefisso di Dio per l’umanità e per ciascuno di noi.

 

Signore Gesù, ci hai annunciato la tua glorificazione

nel segno della vita donata e della morte

vissuta come offerta per la vita del mondo.

La tua logica, Signore, contrasta con la nostra,

che ama cercare, nel prestigio e nella forza,

il senso del vivere e la logica del convivere.

Tu, invece, ci richiami al dono disinteressato,

al morire perché gli altri risorgano,

all’offerta che non aspetta tornaconto,

al riconoscersi nel seme che marcisce sottoterra

perché, nel suolo inquinato del mondo, rifiorisca una vita incontaminata.

O Signore, donaci, in questi giorni, la forza e il desiderio

di guardare, costantemente, alla tua Croce per leggere,

su quel legno maledetto, la storia del tuo amore,

la proposta della nostra vocazione.

Scrivi, Signore, nei nostri cuori

la tua nuova alleanza di amore.

Scuotici dal torpore che tutto avvolge. Donaci l’ardire

di saper desiderare scelte coraggiose.

Solo seguendoti su questa strada potremo celebrare

nella Pasqua che viene

la gioia della risurrezione. Amen.