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Quinta Domenica di Quaresima

Un cuore che vive di compassione

Le pietre sono rimaste nelle mani di chi le aveva raccolte, ma non è stato poi capace di lanciarle. Il Maestro con le sue franche parole mette a nudo i cuori, fa cogliere le incapacità, smaschera i giudizi e svela le contraddizioni.

A giudicare siamo tutti e sempre pronti; così a condannare, a vedere il male negli altri, a cogliere i peccati, a pesare le intenzioni, ad imporre sanzioni e pene.

Abbiamo bisogno di fermarci un poco, di riflettere per imparare a guardare al proprio e altrui peccato non in modo paralizzante e chiuso, ma per cercare come Dio opera anche dentro il nostro male perché possiamo venir fuori dalle insensatezze delle nostre scelte, che ci fanno proprio male, e giungere ad un’apertura nuova, alla vita, a trovare nella verità la strada dell’autentica realizzazione dell’amore.

Chi pretende di non aver niente la farsi perdonare, o da perdonare o da perdonarsi si chiude in una sorta di superiorità presunta, irreale e non veritiera che però impedisce l’umiltà e la compassione. Così diventa più facile condannare che perdonare.

Gesù non accusa gli accusatori, li aiuta solo a guardarsi dentro, a ritrovarsi con la propria coscienza e ad essere sinceri con se stessi. Solo a Dio appartiene il giudizio; ed Egli mette sempre il bene della persona al di sopra di tutto, condanna il male ma perdona il peccatore, gli dà ancora una possibilità perché lasci il male e si converta al bene, perché il suo cuore abbandoni la strada rovinosa dell’egoismo e si incammini su quella dell’amore e viva.

Il giudizio e le pietre bloccano la vita; al contrario, la misericordia e la compassione invitano alla crescita e alla ripresa.

La tentazione di essere uomini delle pietre è sempre in agguato, anche perché nel giudizio nascondiamo bene i nostri errori, i nostri peccati; nella polvere dei pettegolezzi e delle maldicenze è facile nasconderci.

Il cuore che conosce la gioia del perdono sa essere capace di compassione e di comprensione; la vera umanità del cuore dell’uomo è nella capacità di accogliere senza giudicare, di curare e fasciare le ferite piuttosto che aggravare i limiti e condannare.

In genere chi raccoglie le pietre per lapidare è guidato da un cuore altrettanto pietrificato, indurito dall’egoismo e insensibile ai bisogni dei fratelli. Un cuore così è infastidito anche dalla tenerezza di Dio, è perciò incapace di amare e di vivere; cementifica la vita e crea il deserto.

Anche il bene, paradossalmente, può diventare una sorta di pietra tombale. Gesù non schiaccia mai i suoi fratelli col dovere o con la legge, con l’ideale; lui per prima cosa mostra e di-mostra l’amore di Dio e poi invita a fare un passo avanti, a partire da dove sei, persino dal peccato … Egli invita a fare il bene possibile oggi, a guardare oltre a quello che a te sembra la fine, a ricominciare anche quando tante volte hai smarrito la strada e hai perso persino te stesso.

Quando ci si sente amati nonostante la colpa si scopre sia il peso del peccato che la gioia della compassione e del perdono.

Solo un cuore che ama con passione, come quello di Dio, rende possibile vivere di compassione.